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ROI con i social network? Parlano i numeri… GAME OVER

Con i social network, non si vende!Alla luce di quanto letto ultimamente in giro per la rete, ho fatto una analisi profonda di alcuni siti web su dati Analytics differenziando il dato “Sociale” con quello proveniente dai motori di ricerca; il Search.

Lo stesso dato, l’ho diviso tra quei siti che hanno una pagina in Facebook, Google Plus e Twitter, da un PPC mirato in AdWords.

Questa differenziazione è per avere metriche di confronto tra “reale numerico” organico e dati provenienti da fonti a “pagamento”, il PPC (AdWords).

Se è vero che nei social network si vende e che sono indispensabili per traghettare utenti verso il sito/brand, io ho dei numeri che sono davvero interessanti e che di seguito documenterò in modo da vedere se è un trend solo mio oppure… come immagino, ci può essere un parallelo tra “cattivo posizionamento” SEO e un supporto social.

La mia “provocazione”, è la seguente:

Più che SMM io direi SMB (Social Media Branding) perché i numeri dicono chiaramente (8 siti presi in esame con in settori diversi) che quanto affermato da altri professionisti esperti di social media, non trovano nessuna corrispondenza con la realtà. (Dati scambiati discussi anche nel più grande gruppo chiuso di professionisti di SMM di FB)

Quando un responsabile marketing di una azienda legge che è possibile vendere con i social media, deve diffidare? Forse sì.

Il dubbio mi è venuto, in termini di percentuali nette, con o senza azioni PPC dai ritorni effettivi in referral. Mi spiego meglio:

Se consideriamo un sito web di una PMI del mercato italiano, il traffico medio calcolato su 12 mesi proveniente da Facebook, è risultato del 7% in più/mese con un rimbalzo (atterraggio e uscita immediata) elevato e un tempo di permanenza basso. Questo fa inevitabilmente pensare che l’utente non è interessato; allo stesso tempo… c’è chi bara!

Una cosa sono i numeri e il dato reale, tutt’altro è il “potenziale” dei social network. Non vi sembra? Allora… c’è chi ha solo la pagina Facebook e dice di avere dei dati elevatissimi, interazioni ecc… ok, ma quanto converte/vende? Ha un sito web? Magari fatiscente e/o vecchio? Graficamente sgradevole? Difficile da navigare? Magari in Flash?

Analisi e dati:

Gli screenshot sono di Analytics, presi in esame 8 siti. In questo articolo, ne mostriamo solo due casi tra quelli più significativi. Un sito con attive delle campagne AdWords, l’altro senza ma entrambi con pagine sociali molto vive (inutile quantificare like e follower), Twitter attivo, pagine in G+ presenti, YouTube con più di 10 video con oltre 10.000 visite di media a video ecc…

Sito in Analisi 1

I social Networks convertono? Che percentuale di conversione hanno i social? Servono i social networks?

Periodo preso in esame: SETTEMBRE 2011SETTEMBRE 2012

Credo che non ci sia da commentare questi dati, su più di 44.000 ascessi, le “potenziali” conversioni/viste su link “tracciato” risultano 1.600 e più. Conversioni effettive 17 che hanno compilato modulo e confermato il pagamento nel carrello del sito. Canalizzazione completa. AdWords, lato search per questo sito, sul totale degli accessi, attesta le vendite a un “certificato” 60% e più. La matematica non è una opinione, le risultanti percentuali, sono facili da ricavare.

Sito in Analisi 2

Social Networks vendono o no? Conversione da social Networks? Potenziale dei social networks

I social come mezzi di vendita? Vendere con i social network

Sito decisamente con numeri più rilevanti, settore diverso ma il macro dato di accesso, 248.000 accessi e 3000 dai social network con 148 conversioni “tracciate”, fanno riflettere ancora una volta. In chiave DAO, l’assetto ottenuto è complessivamente un “DATO” e non solo quello sociale, ha valore G+, Twitter e anche Facebook… il “DATO SOCIALE” è servito a fare branding? Comunicazione con l’utenza brand?

Ok… non si può parlare di vendita.

Sembra evidente che se sono in un social network, non sono in cerca di pubblicità, se sono in un social network per “cazzeggiare” (perdere tempo), è facile che un titolo mi può interessare, incuriosire ma poi, arrivato al sito… perdo il mio interesse ed esco. Al contrario, se sono in un motore di ricerca… sto palesando una azione: sto realmente cercando qualche cosa!!!

E’ vero che… è facile che il messaggio sia passato lo stesso, questo forse è più riconducibile al branding o advertising ma il “reale acquisto” proveniente da social network, canalizzazione del processo di acquisto, deve essere dimostrato.

Siccome nessuna Digital PR o esperto di social network lo potrà dimostrare se non entro un massimo di un “10% potenziale” di visite in più a un dato sito web, stiamo parlando di cosa? Se ho un sito di miliardi di visite, quel 7 – 10% può essere un valore aggiunto, ma per papà Geppetto dietro l’angolo che ha 7 – 10 accessi al giorno sul suo sito web, pensare di competere con IKEA, credo sia abbastanza improbabile!

Ok… arriva il GURU dei social network e con una azione di “mini marketing” mirato, fa accrescere i numeri di Fan e di like, anche di atterraggio al sito forse e Geppetto chiede: ma non era meglio pagare Google AdWords e fare 2 mobiletti che una tonnellata di “mi piace” che non son buoni nemmeno per fare la segatura per la cassetta/toilette del gatto?

E’ vero o no cari miei “Social Media Manager”?

Quando avrete il coraggio di dire ai vostri clienti che stiamo parlando di questi numeri e non del potenziale numerico/utente di una piattaforma rispetto a un’altra? Non è il numero di Like che determina una vendita, non è il numero dei FAN di una pagina che determina la bravura di un social media manager; il canale di comunicazione, servizio, customer service… questo fa parte di KPI (indicatore chiave di prestazione) che deve essere ben contestualizzata e non bastano i soli social network.

Su e-commerce… dipende dai numeri e dalla tipologia di prodotto, sembra di essere cinesi!! Se non si hanno volumi elevati di utenza, quel 7% sembra quasi trascurabile. Intendiamoci… fa branding, apre magari un canale di comunicazione e bla bla bla tutto il resto, prima che qualche incallito rappresentante (esperto di eCommerce e Digital Marketing) mi richiami, dicendo che per lui i social servono… indubbiamente, ma i numeri?

I dati che alcuni traducono in italiano da mercati diversi dal nostro, non hanno riscontro oggettivo, è come andare a fare i venditori di fumo e si dovrebbe distinguere quello che è un investimento da quello che è un costo. Il social network è un “canale” di comunicazione con l’utenza? Perfetto, è un COSTO. Il social network è un canale di vendita? Allora è un INVESTIMENTO. Quanti vogliono contestare queste due semplici frasi?

Preciso ancora una volta, a scanso di attacchi da vari esperti social, che non sono qui a dire che non sia un costo “utile” per l’azienda che voglia aumentare la propria visibilità, in una strategia di brand awareness, o per costruire una canale di comunicazione diretta con i propri clienti, tutti benefici che si possono perseguire tramite i social media.

Quello che qui contesto è la tendenza di alcuni a chiudere gli occhi sui numeri pur di accaparrarsi un cliente in più. Numeri alla mano, è preferibile essere chiari con i vari responsabili marketing o i piccoli imprenditori, che allocare parte del budget in comunicazione social, non farà aumentare le vendite.

Se l’obiettivo dichiarato dall’azienda è questo, siate onesti e consigliate di investire nell’assetto DAO partendo dal sito e poi il resto che insistere sui social. Se l’obiettivo che si vuole perseguire è un altro… allora aprite pure tutti i profili social del mondo.

Chi lo spiega? Se mai qualche “social media manager” e “formatore” volesse “smentire” quanto sto scrivendo a favore delle aziende, con dei numeri e casi di PMI italiane, non con dei grossi brands, la discussione può essere costruttiva, di fatto, i dati non danno ragione ai social networks e tante aziende, lo hanno già capito.

Attenzione, non mi interessano le impressions, non si parla di quello, meglio ripeterlo: investimento/ritorno dell’investimento in vendite dirette sul sito o contatti effettivi trasformati in vendite. Sapete capire la differenza o sappiamo solo dire che i social network sono un “potenziale” per creare nuove forme di “non professionisti” formati da altrettanti sconosciuti che questi numeri non li possono dimostrare?

Fine dell’eterna discussione: con i social media non si vende, è un dato “condiviso” anche se c’è chi ha scritto il contrario, comprendo e rispetto ma poi… vanno dimostrate le cose che si scrivono.

C’è chi organizza corsi per aspiranti Social Media Manager, esistono vere e proprie Academy ma non si capisce però chi ha formato “i formatori” o quale ente li ha certificati come punto di riferimento. Aziende… sveglia!!! Comunicatori del mezzo digitale, di social network, sono persone che lavorano nel settore, riconosciute e che sanno “dimostrare quanto prima scritto,  e non è la solita casta di esperti in “Fuffologia“, di cui… ho ampiamente scritto.

I numeri, DICONO, URLANO. Il caso vuole… proprio il contrario di quanto si afferma su siti e venditori di carta “igienica” (quella serve quanto meno a qualche cosa) che, bene ricordare, citano fonti di dati che a loro volta fanno capo a chi? Non è dato saperlo ma di certo… non è Facebook o Twitter.  Vuoi mai che ci siano canali diretti con Facebook? Il macro dato mondiale lo rendono pubblico, per i mercati grandi come gli Stati Uniti… ma per l’Italia?!

E allora… i dati ci si arrangia e li si va a prendere da dove? Lo scrivete voi esperti di social media marketing per “impressionare” il responsabile marketing “ignaro” del mezzo digitale? Dal sistema di PPC di Facebook? Un valore nominale e non assoluto, non determina MAI una reale conversione, ma un potenziale in base a cosa? Click? Impressions/viste?

Speriamo nelle authorship e il sistema che Google sta mettendo in campo con il “Social Search”.

GAME OVER

33 commenti
  1. Michele
    Michele dice:

    Ti stimo. Ottimo articolo.

    Leggendolo mi è sembrato di cogliere un lieve sentimento come di “sfogo”, come se ti fossi imbattuto nell’ennesimo esperto di SMM che ti ha fatto “straripar” il vaso.

    Ti appoggio in tutto quello che hai scritto.

    Rispondi
  2. Alessandro Vitale
    Alessandro Vitale dice:

    Grazie Michele.

    Io di SMM ne leggo tutti i giorni in un gruppo di FB, ho ripetutamente chiesto dei riscontri effettivi e numerici, confrontarmi con quello che vedevo, leggevo e si legge quotidianamente su i social media. Da buoni comunicatori in chiave prettamente PR tradizionale, di vecchio stampo e chiacchiera, nemmeno 1 solo esempio è stato proposto come “analisi” di attività e reattività su un processo di acquisto che, vede comunque indispensabile, un supporto esterno a Facebook come il resto dei social network.

    Ho dovuto tracciare link, aggirare limiti di metriche non rilevabili dai sistemi sociali e… trovare risposte su dati che non vengono mai menzionati se non con il potenziale ipotetico dalla popolazione del social.

    La domanda era semplice:

    Un esempio di PMI che, attraverso i social network, realtà italiana, avesse realmente sfondato e moltiplicato i suoi fatturati…

    Se poi vedi che noti comunicatori diventano dei formatori e venditori di master in un panorama che di fisso ha solo i loro 2 neuroni rimasti attivi per fortuna, i dati… li ho voluti ricavare.

    Le aziende devono sapere riconoscere il potenziale della rete. Non è solo social, non è solo search, non è nemmeno il buffone che generalizza procedure in un corso o in un master. Questo le aziende lo sanno?

    Il consulente digitale, è quella figura capace di entrare in un core business e traghettare il tutto in un assetto diverso da quello tradizionale.

    In pratica, il social ha sostituito l’editoria, i vecchi che prima facevano PR… oggi dicono di fare digital Advertising, a conti fatti, continuano a fare chiacchiere!

    Un conto è un costo, altro è un investimento; attenzione però, non è un investimento mandare a un qualsiasi corso in SMM personale aziendale per fermarlo per l’uso dei mezzi digitali, è vero il contrario. L’esperto che entra nel core business e aiuta l’evoluzione in digitale, formando persone sul prodotto/servizio in loco!

    É quindi palese che: chiunque proponga un lavoro di SMM su formazioni “teoriche”, ha scarsa comprensione del modello digitale, del progetto specifico della singola realtà di business, non serve ad altri che all’oste che propone aria fritta, contano i fatti come su descritti e non è una aula di una università, del professorotto/barone che tira fuori numeri alla ricerca di popolarità… quelli sono posti di lavoro, persone, conversioni, business e non fuffa!

    Nessun SMM mi ha fatto arrabbiare, non ne hanno i numeri!

    Rispondi
  3. HikeStrike
    HikeStrike dice:

    Bell’articolo.

    E soprattutto complimenti per l’onestà intellettuale di averlo proposto, considerando che fondamentalmente questo è un tema che rema contro una delle principali attività della tua attività (o mi sbaglio?).

    Ora però vorrei fare delle considerazioni personali, in base a quello che ho potuto osservare negli ultimi anni e su delle cose su cui ho riflettuto in passato. Il social media marketing è fondamentalmente una branca del marketing tradizionale che è nato dall’osservazione del potenziale numero di utenti raggiungibili da queste “nuove” forme di media.

    In sostanza è un marketing tradizionale che si è “ingolosito” dal potenziale numero di utenti raggiungibili. Nient’altro. Il problema, a mio avviso è che il social media marketing non ha mai tenuto in considerazione, nelle sue visioni, il fatto che una rete social è PRIMA DI TUTTO uno strumento che per la maggior parte viene utilizzato per “cazzeggiare”, come dici tu.

    Il cazzeggio in fondo non è una cosa cattiva: è l’attività quotidiana che ogni essere umano necessita per rilassarsi, divertirsi, condivere informazioni personali, ecc. ecc. nel tempo libero o semplicemente quando è possibile, anche per una breve pausa sul lavoro.

    Tutte attività che, se riflettiamo, sono INCOMPATIBILI con qualunque forma di marketing. Quando una persona si trova su un social network, difficilmente gradisce essere disturbato dall’advertising. Parliamoci chiaro, io quando guardo la televisione (quelle rare volte) sono altamente disturbato dalla pubblicità massiva e ripetuta di alcune compagnie.

    Con la TV posso cambiare canale ma difficilmente in alcuni momenti posso evitare di subire il messaggio che quella particolare compagnia mi vuole trasmettere. Questo, con i social, non è possibile. E’ l’utente che sceglie quali aziende seguire e quindi non c’è nessun potenziale di “bombardamento mediatico”.

    La maggior parte delle persone che utilizzano un social network, facebook in particolare, difficilmente ne fà un uso “informativo”. Difficilmente sconfina al di fuori di quella timeline e difficilmente è interessato a mettere like su pagine di brand commerciali.

    Tu, come social media manager, puoi concepire stratagemmi per far cliccare quel benedetto like. Ma se ci rifletti, i motivi che portano a cliccare un like su una pagina sono ben diversi dallo stimolare l’intenzione di comprare i prodotti che l’azienda vende.

    Io stesso mi sono trovato a farmi piacere delle pagine solo perchè proponevano piccoli concorsi dove si potevano vincere dei premi (e sono riuscito a vincerne uno) ma non mi sono mai interessato ad acquistare nessun prodotto che non fosse già nei miei interessi personali.

    I brand che seguo su FB sono brand che mi piacevano “da prima” dell’avvento dei social. Quelli che mi sono piaciuti dopo mi sono piaciuti per altri motivi, ma mai perchè avessero una qualche forma di interazione sociale.

    Tu stesso hai fatto una buona distinzione fra una visita volontaria guidata da un motore di ricerca e una visita proveniente da un social network. Se ci si riflette, si capisce che il flow-chart interazionale tipico dell’utente è:

    1) Cercare quello che interessa su un motore di ricerca.
    2) Arrivare sul sito web del produttore.
    3) SE IL PRODUTTORE INTERESSA (e quindi l’interesse parte dal sito web) allora cliccare (magari) i link che conducono a un like sui comuni social.

    E’ molto difficile invece che un utente cerchi ciò che gli interessa direttamente sul social network, semplicemente perchè l’utente medio vede il social come un mezzo di svago e pochissimo un mezzo di informazione per fare acquisti.

    E’ stato anche studiato che quì in Italia gli utenti sono POCHISSIMO interessati all’opinione altrui quando acquistano prodotti (e quì i social network cascano male, quindi). Mi spiace non poterti postare un link a questo studio che lessi tempo addietro, non riesco a trovarlo.

    Un altro discorso è quello della figura del social media manager/specialist/altri nomi bizzarri spesso auto-appuntati. Chi è costui? Che mestiere fa? In cosa è preparato? La risposta a queste domande, mi spiace dirlo ma è desolante.

    La maggior parte di chi fa questo mestiere sono ragazzi che si accontentano di un piatto di lenticchie pur di avere “un lavoro”, se passare le giornate a scrivere su FB o Twitter per altri possa definirsi tale (scusatemi, per me non lo è, semplicemente).

    La loro preparazione è frammentaria, spesso non hanno fatto corsi di laurea nei rami commerciali (e questo la dice lunga poi su che effettivo “marketing” sia, considerando che il marketing puro è una branca fondamentalmente economica), molti, moltissimi sono persone fallite nei corsi di laurea a carattere informatico, assunti magari perchè hanno un blog (sono dei BLOGGER) dove scrivono cose con un lessico magari decente ma che spesso non interessano a nessuno (follower != interesse).

    Tante chiacchiere, tantissimo rumore in rete che per la maggior parte non interessa a nessuno. E’ una realtà desolante, purtroppo. Faccio un’altra considerazione. Il marketing, quello classico, è la disciplina che si occupa di VENDERE. Io non ho mai visto nel social media marketing una strategia di vendita. L’unica strategia che adottano è quella di RAGGIUNGERE, che come ben sappiamo difficilmente è sinonimo di vendita.

    Mi spiace, per me il social media marketing non è una disciplina. Se ha funzionato per un po a livello commerciale è perchè c’è una bolla di interesse, che presto scoppierà con l’acquisizione della consapevolezza che tu stesso hai mostrato in questo articolo.

    Alle persone che fanno questo mestiere, magari dipendenti di una qualche azienda che hanno una divisione “social” a fianco a quella di marketing tradizionale, consiglio di cominciare a trovare un lavoro serio. Prima di ritrovarsi con il sedere per terra.

    Quelli che fanno questo mestiere dovrebbero cominciare a capire che i titoli che si danno non sono posizioni sociali. Una posizione sociale è un architetto. Un ingegnere. Un avvocato. Un saldatore. Un falegname. Non un blogger. Che nemmeno l’huffington post sembra voler pagare.

    Rispondi
  4. Daniele
    Daniele dice:

    Analisi più che corretta direi, unico appunto da parte mia … è telefonata!

    Praticamente lo sa tutto il mondo conosciuto da tempo immemore … !!!

    Sono le stesse cose che tutti nel settore raccomandano ai loro clienti – se sono persone serie si intende.

    Però ripeto: è tutto giusto e vero!

    Rispondi
  5. Adriano De Arcangelis
    Adriano De Arcangelis dice:

    Bell’articolo, molto interessante e mi trova profondamente d’accordo, ci sono molti “esperti” che, visti gli scarsi risultati con la SEM/SEO, si sono convertiti ai Social, Facebook in primis, ma a volte si auto illudono, a volte illudono gli altri, c’è poco da fare, è un dato di fatto… io su Google cerco qualcosa che mi interessa, su Facebook mentre cazzeggio mi proponi qualcosa che forse mi interessa. Differenza sostanziale.

    Rispondi
  6. A. Giovanni
    A. Giovanni dice:

    finalmente chiarezza sull’argomento anche in lingua italiana! Un punto fermo da cui, si spera, possa partire una nuova era del Social Media Marketing, o come lo si voglia chiamare, anche nel nostro Paese.

    Rispondi
  7. Massimo Melica
    Massimo Melica dice:

    I social network non aiutano le vendite è vero, tuttavia favoriscono quelle di libri, corsi, seminari e quant’altro occorra per vendere “fuffa” a giovani disoccupati in cerca di successo.

    Sono terrorizzato nel vedere su twitter o facebook centinaia di ragazzi che si dichiarano SMM…cosa faranno tra qualche mese quando si renderanno conto di esser stati coinvolti in una bolla digitale?

    Patate in Italia non si coltivano più…purtroppo e i pomodori vengono raccolti da immigrati. Cosa fare allora?

    Rispondi
  8. Fabio
    Fabio dice:

    Non fa una piega, carta canta.
    Vivo su quelle metriche tutti i giorni, mi confronto con i KPI più disparati e più disperati, ma la conclusione a cui arrivo guardando i numeri è sempre la stessa.

    Quella che hai egregiamente esposto. Complimenti!

    Rispondi
  9. Pippo Fuina
    Pippo Fuina dice:

    Quindi anche la pubblicità in TV non serve a vendere? Le conversioni sono bassine pure lì e anche mentre guardi la TV si può dire che stai “cazzeggiando”.

    Rispondi
  10. barbara bonaventura
    barbara bonaventura dice:

    Se usi un apriscatole per cambiare la gomma di un’auto, non puoi lamentarti che non funziona…

    Se stabilisci degli obiettivi sbagliati – perchè pensi che uno strumento/canale valga l’altro – beh allora non puoi aspettarti dei risultati corretti :)

    Rispondi
  11. renato
    renato dice:

    Se vuoi vendere su facebook e vuoi utilizzare l’adv ti conviene forse puntare a un sito esterno, oppure devi mandarli su una landing tab o un’app attraverso la quale vendere il tuo prodotto o serv. Altrimenti il percorso è troppo lungo per arrivare all’acquisto dall’essere semplicemente ed è meglio fare branding.

    Magari poi non fai altro che spammare prodotti sulla pagina e il tuo edgerank non ti dà la minima visibiltà perché non coinvolgi minimamente i tuoi fan, e si entra in un circolo vizioso che penalizza completamente la pagina.

    Rispondi
  12. Fabio Sutto
    Fabio Sutto dice:

    Premesso che

    – andrebbe distinto il marketing dalla comunicazione;
    – bisognerebbe utilizzare i multi channel funnels in analytics
    – mi considero un esperto di motori di ricerca e non di social media;

    Io ho almeno un paio di clienti che su Facebook Ads hanno costi conversione analoghi a quelli di Adwords e altri che, pur non arrivando a costi conversione tanto bassi, non possono servirsi dei motori di ricerca perchè…banalmente per cercare qualcosa bisogna sapere che esiste e dargli un nome, quindi se qualcosa è particolarmente originale difficile fargli fare business con i motori.

    Quindi apprezzo il richiamo alla concretezza dell’articolo ma penso che come sempre ad essere troppo drastici si rischia di sbagliare.

    Tutto qui

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Caro Fabio,

      come poterti dare torto?

      Non mi permetterei mai, i casi ci sono, rari ma confermano la regola… di fatto però, generalizzare in eccesso o con dati che non sono appartenenti al nostro mercato, è un errore da principiante SEO di 10 o più anni fa. Non devo di certo fare la morale a te sotto questo aspetto come è evidente che, i social networ, per alcuni casi, possono essere fondamentali. E’ ovvio che, profilare, localizzare, immaginare una strategia, comprendere il target (importantissimo), tutte queste cose non vogliono per nulla dire che se ho 10 follower in più, fanno grande un social media manager.

      La politica del peso, vorrebbe che… anche se soli 10 contatti, follower, fan o come diavolo li volete chiamare, interagiscono, forniscono impressioni (sentiment oltre il like che può essere strumentale o forzato), comprano il prodotto da “campagne” mirate a misurare anche il tipo di cliente, la conversione ecc del social, è tutt’altro discorso che avere delle migliaia di utenti che ti fanno perdere tempo, like a go go e poi non comprano un accidenti.

      Ok, il branding… possibile però che su un caso, il cliente non ha approfittato dell’offerta e poi sia arrivato sul sito comprando il prodotto? Verosimile? La differenza non era di pochi euro, la trovo assai improbabile e dire che, la condivisione, la lettura del post, erano da grandi premesse. All’atto pratico, stringi stringi, il search, sembra essere ancora un must rispetto i social network, non per colpa dei fornitori dei servizi, intendiamoci, il problema è culturale, fuorviante per gli input negativi che si hanno, l’età media nel nostro paese, l’utilizzo della lingua inglese (scarsissimo), dal tipo di cazzeggio fatto e dalle condivisioni che si fanno.

      Interesse è una cosa, il divertimento tra amici, in un social network, GENERALIZZANDO… è tutt’altra faccenda.

      Grazie del tuo TUTTO QUI, come sempre è un piacere oltre che un onore leggerti, con affetto,

      Alex

      Rispondi
  13. Pippo Fuina
    Pippo Fuina dice:

    Essì, Renato, sono uno dei “venditori di fuffa” di cui parla quest’articolo, solo che so benissimo quanto importi il “come” si pubblicizzi su Facebook :)

    Rispondi
  14. El_Pinta
    El_Pinta dice:

    Ok i social non sono un buon canale di vendita diretto. Su questo sono d’accordo. I social servono per fare comunicazione e branding.
    Però ti pongo una piccola provocazione. I tuoi dati, molto dettagliati e corretti, fanno riferimento solo a eventuali conversioni legate a una piattaforma digitale (un sito con attive funzioni di vendita).

    Sbaglio?

    Ti chiedo perciò, quando affermi che coi social non si vende, come fai a far rientrare in questa analisi tutto quello che non passa per un sito?

    Ti faccio un esempio personale di cosa intendo, senza volerne fare un tendenza generale, ma per farti capire.

    Seguo @einaudieditore su twittere pinterest ormai da molti anni e ho ingaggiato col brand un alto numero di conversazioni produttive che hanno avuto come effetto di migliorare la mia relazione con il brand.

    Quest’anno ho acquistato circa 5-6 libri promossi attraverso i canali social sopramenzionati, libri che non avrei acquistato (tranne uno) se non fosse stato per l’attività social del brand che me li ha fatti conoscere. I libri però li ho comprati in libreria o su Amazon, non sul sito Einaudi. Nel tuo modello questo genere di acquisti come vengono conteggiati?

    Per me rientrano nel ROI generato dai social, ma come fai a calcolarli?

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      El_Pinta,

      forse sono stato poco approfondito nello specificare che sono state prese in considerazione più tipologie di siti web, è ovvio che non si poteva non avere un e-commerce e quindi, siti anche con attività e funzione di vendita.

      Tutto quello che non passa per un sito web, è un “potenziale” che… permettimi di “paragonare” allo spot televisivo, radiofonico e su carta stampata, il web è “misurazione” ed è su quelle che io ho fatto una analisi. Se non hai un assetto digitale completo, vuoi fare la fanpage per essere visibile, è una scelta che io non condivido ma che rispetto. Altro è avere un progetto globale che “potenzi” l’azione marketing tramutando l’opportunità della rete in accrescimento di fatturato.

      Gli esempi che hai fatto tu, pur rispettandoli nella loro azione sociale, non sono “Geppetto” che costruisce o rilega sedie dietro l’angolo, non è la piccola casa editrice che fa fatica a pubblicare i libri dei suoi autori ed è assetata di farsi notare; è su quella che ci si dovrebbe, professionalmente concentrare.

      La validità dei macro dati US, non sono un esempio per il nostro mercato, lo stesso vale per i GRANDI brand, e realtà piccole del nostro mercato, del nostro amico che ha la fabbrica e fa un prodotto eccezionale ma non il potere di un brand che produce, in milioni di copie ma con una qualità nettamente inferiore.

      E’ quel tipo di impresa, azienda o come la vuoi chiamare che, è presente nel nostro paese; non esistono solo i grandi… quelli vanno BENISSIMO nei social network, non ci piove, hai perfettamente ragione; il resto che fa? Chiude?

      Spero di essermi fatto capire, ti ringrazio per il tuo commento e la tua provocazione, è così che io immagino poter migliorare anche una “lettura” di dati che… ha fuorviato anni fa anche me, di fatto, i numeri, URLANO il contrario. Non è per tutti così, l’eccezione c’è, ci mancherebbe pure ma non è altro che un megafono a valle di un progetto molto più complesso e strutturato di quello che l’oste, ci ha voluto far credere; non nel nostro mercato, con i nostri numeri di popolazione, con la nostra lingua, con la nostra NON cultura digitale!

      Alex

      Rispondi
  15. Pier
    Pier dice:

    Da SMM ti dico che chi sostiene di far vendere attraverso i social network… è un venditore di fumo.

    Per semplificare con l’accetta, attraverso i social si fanno 2 cose: AFFECTION emozionale e PREVENZIONE di situazioni di crisis management che si verificherebbero se NON fossimo presenti in rete con i nostri brand.

    Punto.

    Rispondi
  16. Fabio Sutto
    Fabio Sutto dice:

    Ciao Alex,

    mi ripeto solo per precisare che approvo il 90% delle considerazioni dell’articolo (dal mio commento sbrigativo sicuramente non traspariva), conosco anch’io parecchi casi di “fumo in vendita” e di grandi aspettative disattese. Il mio intervento voleva solo evitare che, tanto per usare una frase fatta, con l’acqua sporca si buttasse anche il bambino :)

    Un saluto e a presto!

    Rispondi
  17. Loris
    Loris dice:

    Secondo il mio modesto e umile parere di “web marketing specialist” (definizione tanto contestata da HikeStrike) questo tipo di ricerca parte in modo errato sin dall’inizio: dal titolo direi.

    Innanzi tutto si paragonano due comunicazioni diametralmente opposte: il ppc e i Social Network (i Social Media sono un’altra cosa) per cui parlare di unico ROI su due obiettivi diversissimi è claudicante alla partenza. Il PPC ha come raggiungimento dell’obiettivo un’azione, sia essa una generazione di contatto o un’iscrizione ad una newsletter o una vendita vera e propria. Il Social Network ha come obiettivo il confronto, la condivisione, l’annullamento delle posizioni azienda/consumatore. Per paragornarlo al vecchio ed obsoleto marketing potremmo definire il primo uno spot media (tv, radio, giornale, etc) l’altro un fantastico lavoro di uno o più PR…

    Come potete confrontare le due cose?

    Direi piuttosto che le due cose si implementano per arrivare al raggiungimento di una meta che, se è stata precedentemente pianificata con una strategia, porterà senz’altro a risultati eclatanti.

    Ovvio che i Social Network non portano alla vendita: sciocco chi lo dice e sciocco chi ci crede!

    Ovvio anche che i Social Network affidati a mani competenti, a persone preparate (che esistono eccome senza bisogno di tante lauree ma di tanta esperienza on line, di una buona se non ottima preparazione di carattere generale, di una conoscenza della netiquette, di una conoscenza di tutte o quasi le piattaforme Social, di un pò di linguaggio HTML, di una forma corretta di espressione, etc..) possono dare risultati entusiasmanti; non tanto per quantità di follower o di mi piace ma per qualità! Già la qualità: cosa spesso ignorata dai DM e spesso non valutata dai pseudo social marketing developer.

    Sapersi costruire una Rete Sociale (che non ha niente a che vedere con i Social Network nè con i Social Media), di acquisire reputazione di saper condividere e contribuire… questo è un professionista del web; e questa è la persona a cui potete affidarvi per una comunicazione sociale.

    Conosco agenzie di pubblicità e di comunicazione che vendono fumo e aria fritta, così come ne conosco altre e dir poco fantastiche per creatività e concettualità.
    Lo stesso dicasi per i webmarchettari. Lo stesso dicasi per tutte le professioni.

    Bruciarsi in rete è questione di un attimo, ed è un attimo diventare famosi: se sei interessante la Rete ti premia, condivide, promuove. Il tutto quasi gratis! Provate a farlo con i media normali senza avere un portafogli a fisarmonica ed una buona dose di fortuna nel trovare l’agenzia giusta.

    Concludendo:
    ROI con i Social Network? Assolutamente sì.
    Misurabile, gestibile, modificabile, migliorabile. Sempre.

    @loriscastagnini

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Ciao Loris,

      pur contestando titolo e contenuto, credo tu sia arrivato al nocciolo del problema, confusione su acronimi, confusione tra strategia e marketing, branding e sharing, content e fuffa.

      L’analisi è quanto mai logica, in un contesto che tendenzialmente, afferma di fare determinate cose incontestabili, ma all’atto pratico ed applicativo, misurano la forza di un fan page dai numeri di fan, dai like fatti su di un post o link ma poi… ci si dimentica che il tutto, deve anche servire per fare traffico mirato al sito, branding, comunicazione e servizio (vedi i custumer service).

      L’analisi, che ti invito a fare è semplice; che dato di referrer ho sul sito collegato alla pagina fan, all’account Twitter ecc… quanto sbandierato da tanti, non corrisponde a verità e mi dispiace farti notare che se di ROI vogliamo parlare, anche in marketing puro e semplice, la discussione è stata sempre molto accesa.

      Analogamente, se la storia è tanto difficile da ricordare, quanti ricordano le discussioni in termini di ROI sono state fatte nel SEO quando di social, non si aveva nemmeno l’idea che sarebbero arrivati?

      Parlarne oggi, vero il titolo provocazione, ma se avessi scritto io un libro con un titolo che sbandiera il ROI dei social network, avresti di certo ragione, non si contestano quei testi, quei dati ma lo si fa su un post che detta semplicemente dei dati su una rosa di siti con varie applicazioni di web marketing?

      Ma di cosa stiamo parlando? Vogliamo fare un parallelo tra PPC di Facebook e quello di Analytics? Tra le conversioni di un csm ottimizzato e posizionato SEO e una pagina fan? Se la logica vuole, un carrello non esiste in FB, il funnel di vendita, il processo di visita e di reale acquisto, lo si può calcolare?

      ROI dei social network? Dimostratelo con dei numeri, io ho scritto il mio modello e posso sbagliare, nessuno ha però risposto con dei numeri propri, non di analisi di mercati diversi da quello italiano, da brand emergenti e non conosciuti, quelli… sono comunque da verificare e da quanto si trova in rete, i miei dati, dicono a chiare lettere, che noi italiani, siamo i più bravi del mondo!

      Esistono metriche, esempi studio? Quelli basati sulla comunicazione, a me non servono, io vorrei vedere i fatturati, il resto… è solo Advertising vecchio stampo, siamo in era digitale, non dovrei ricordarlo io, dovreste arrivarci da soli; cambiate modello di approccio, non ci sono chiacchiere che schiacciano i dati, solo dati che smentiscono i precedenti.

      Analisi errata? Proponete il modello di analisi, io… la farò :-)

      Rispondi
  18. Loris
    Loris dice:

    Ciao Alessandro,

    i Social Media servono per aggregare contenuti ed i Social Network per distribuirli alla Rete.
    Fatte queste due importantissime distinzioni, posso confermare che un’azienda presente ed attiva sui Social darà risultati più entusiasmanti in termini di Brand Awareness e di fatturato (ed anche se è un dato statistico io l’ho constatato sul campo, su di me e sui miei clienti).

    Che un’azienda ci sia o meno, la Rete parla di lei nel bene e nel male. La gente si ritrova sui Social per giocare condividere parlare confrontare criticare lodare. Il lavoro sui Social è proprio questo: essere in mezzo alla gente, la TUA gente, quella che è vicina o si avvicina al tuo brand, quella che lo sta cercando, quella che lo vorrebbe sotterrare o idolatrare, quella che lo vorrebbe conoscere o sentirsi parte di esso. In quel momento la gente non vuole acquistare nè vuole sentirsi bombardare da messaggi pubblicitari: la gente vuole parlare con te se hai qualcosa di interessante da dire.
    Tutto questo per un’azienda è un valore assoluto: può avere in tempo reale il termometro della situazione, può senza impegnare centinaia di migliaia di euro crearsi un’analisi di mercato, può sapere se un prodotto può essere lanciato sul mercato e verso quale target. Esiste come esempio una case history di Barilla® su questo.

    E’ chiaro che il metodo di misura del ROI deve tener conto di fattori diversi da un semplice “clic”–>landing page (quando c’è…)–>azione

    Pianificare una strategia per un’azienda o un brand non è materia di smanettoni, nonostante servano pure loro, ma deve seguire un attento studio del posizionamento, di quanto è influente o meno il brand o il nome dell’azienda stessa, di come leggere dei numeri ricavati da tools più disparati come Analytics o Tweepi, di scegliere e realizzare la propria Rete Sociale composta da Esperti, Connettori, Persuasori, Pubblico.
    Vanno scelti i contenuti ed in base ai contenuti vanno scelti i social verso cui indirizzare la comunicazione (non esistono solo Facebook e Twitter). La differenza la fanno i contenuti.

    Non è bene pensare che i Social Media siano un altro mezzo di pubblicità invasiva.
    Non è bene pensare che i Social Network sostituiscano la Tv o la radio per fare pushing.
    Il ppc garantisce un misero 1 o 2% di riscontro io posso dimostrare che un’ottima strategia Social porta introiti entro 6/8 mesi.
    Il mio “4-clip.com” oggi porta clienti non appena lancio un contenuto (e sto promuovendo un servizio di scontorno immagini non una vendita di gadget calcistici) su un target molto di nicchia.

    Nel momento in cui ho dei contenuti, predispongo un metodo, scelgo una strategia, analizzo i dati, dispongo un tempo, posso quantificare anche il ROI.

    Ritengo in generale che l’approccio verso i Social delle aziende e dei consulenti, siano essi agenzie o professionisti, sia ancora lontano dall’esser compreso totalmente. La nostra mentalità è ancora legata ai vecchi schemi, ai vecchi metodi, al metodo tutto occidentale di avere tutto e subito (proprio come per il mal di testa: prendi un Moment® e tutto passa, scompare l’effetto ma la causa resta) senza vedere un po’ più in là e crearsi una reputazione..
    esattamente come per me e te nel nostro mondo sociale reale e concreto la Rete funziona allo stesso modo: se sei un professionista saranno i tuoi stessi clienti a pubblicizzare il tuo lavoro, se invece sei un fanfarone prima o poi la paghi.
    L’errore è umano, chiedi scusa rimedia e la critica verso il brand si trasformerà in un’ulteriore occasione.

    Un abbraccio e buona giornata
    @loriscastagnini

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Ecco…

      Loris, adesso parliamo la stessa lingua. Adesso.. il mio articolo ha più logica se parti da questa base di considerazioni?

      Detto fatto, hai tu affermato che l’approccio è errato, nel momento in cui, mi parli di ROI (sbagliato che sia quanto in marketing tradizionale che in quello digitale), è lontanissimo da definire una azione sociale (persone) e una azione di promozione (adevertising o branding che dir si voglia).

      A lume di naso, come scritto anche a Fabio Sutto tra i commenti di questo mio articolo, la differenza c’è ed è fondamentale tra un canale di comunicazione/informazione/media e tutto quello che vorrebbero attribuire a “marketing”. Se poi si vogliono analizzare i corsi e le barzellette di alcuni banner pubblicitari che sostengono l’inverosimile, che ti devo dire, cosa vuoi che dica… non c’è un profilo Facebook o Twitter che non abbia dentro la parolina magica “Social Media Manager”. Ma su cosa? Sull’approccio sbagliato?

      Se invece… comprendi la mia nuova provocazione, dire che si tratta di Social Media Branding in chiave di apertura alla clientela dove, la comunicazione può generare sentiment e riscontro effettivo sia sulla diffusione del marchio/prodotto/servizio che su “ascolto” della propria utenza/clienti, il discorso cambia. Quanto può influire una buona “comunicazione” fatta attraverso i social? E’ possibile misurarla?

      In termini effettivi di ROI, mi scappa da sorridere, in effetti sul fatturato… quello si ma bisognerebbe poi scindere gli interventi fatti attraverso il search da quelli mirati, ripeto mirati, attraverso i canali sociali. E’ vero, non esistono solo Facebook e Twitter, in alcuni casi, anche il photosharing ha generato un qualche movimento interessante dove, la creatività, ha fatto branding e aiutato il core business del sito, a crescere con un trend positivo di rafforzamento e accrescimento della conoscenza sia del prodotto che della possibilità di “dialogare”.

      In termini percentuali, mi sembra corretto dire che: un 7% è TRAGICAMENTE positivo rispetto a mercati differenti da quello italiano e nei prossimi articoli, spiegherò, dati US alla mano, che gli italiani, con il loro bacino di utenza, con la limitazione di lingua, dell’uso improprio dei social, dell’età che è alta rispetto ad altre realtà, fa molto ma molto di più di quello che è un potenziale numerico americano, inglese, tedesco e via di seguito.

      Concludendo… è forse il caso di “ridurre” a realtà i dati forniti e pubblicati da “politiche” di marketing dicendo che la situazione è questa, che ci sono dei numeri da verificare e che il lavoro di “consulente marketing web”… è tutt’altro che amministrare un network/community e via dicendo? Torniamo sulla Terra o raccontiamo le favole come in passato grosse associazioni dell’advertising digitale italiano (e non) hanno fuorviato per mantenere il mercato del tradizionale rispetto al digitale? Sto dicendo una corbelleria? Provate a chiedere quanto costa una inserzione su un banner in una rivista online, chiedete i dati per il prezzo che vi propongono e traete le vostre conclusioni; siete dei professionisti o degli allocchi?

      Molto ironicamente, non voglio offendere nessuno, io tengo alla rete quanto voi, ai social network quanto alla search, non amo essere preso in giro, questo si!

      Alex

      Rispondi
      • Alessandro Vitale
        Alessandro Vitale dice:

        Che poi abbiamo sempre esaminato l’aspetto individuale delle reazioni, non prendendo in considerazione le dinamiche collettive che sono state generate dall’intervento, non riassumibili come la mera somma delle parti… Ecco l’infografica esplicativa promessa ad Alessandro…

        Gilda35

        Rispondi
  19. Loris
    Loris dice:

    Sono mondi completamente differenti e non paragonabili…
    Mi sembra di sentire un po’ di astio nei confronti di questo nuovo modo di comunicare che, ripeto, è solo un nuovo mezzo di dire le cose con regole e parametri specifici.
    I dati sono numeri sempre discutibil se si parte da punti di vista e da concetti di analisi diversi, ed il confronto di questi dati, non è paragonabile: sarebbe come dire “va più veloce un treno o è più alta la torre Eiffel?” e la risposta fosse ” è più buona la Nutella®”…

    Rispondi
  20. Sabino
    Sabino dice:

    Ciao Alessandro,
    per leggere/comprendere tutto il post ho dovuto prendere le ferie…. :-)

    Mi ero fatto una certa idea del reale contributo dei social alle “call-to-action” ma, visti i razionali espressi ed i contributi di tutti gli altri, senza sforzo condivido.

    Illuminante è il riferimento al tessuto sociale del nostro Paese, alle PMI di piccole dimensioni (importante per chi come me lavora al sud) per cui ti chiedo:

    (1) Offrire il servizio Social a corredo di una soluzione per “acquisire clienti” per una piccola PMI, in quali circostanze è realmente contributiva? O si deve evitare comunque?

    (2) A mio parere esistono settori dove usare il Social può ritornare comunque utile, al di là delle dimensioni. Per esempio settore turismo o per prodotti “univoci” che toccano i sensi della gente: alimenti, gioielli, abbigliamento, dove i passaparola possono essere importanti. Corretto?

    Ti saluto cordialmente, Sabino

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Ciao Sabino.

      Scusa se hai atteso la mia risposta ma sono giornate belle cariche di impegni e di incontri, non è stata assolutamente una non volontà a non rispondere.

      Per quanto lo studio dell’utilizzo dei social, siamo sempre alle solite cose dette e ripetute più volte nel corso del tempo, è ovvio creare interesse ma poi bisogna ragionare in termini di produttività e l’aspetto promozionale o per “fare business” vendendo formazione, si scontra con una realtà che differisce e di molto, da quanto tanti promettono e dicono.

      Risposte:

      1) No, assolutamente no. Non è da evitare, è un canale di dialogo importantissimo che si distingue dagli altri per l’utilizzo che ne ha il cliente, si tratta di un rapporto diretto che può generare anche interessanti approfondimenti sul “sentiment” che si ha di un prodotto, servizio, promozione e via di seguito.

      2) Ogni progetto web ha una sua particolarità, una sua storia, un suo appeal e anche una più facile divulgazione. Se tratto trivelle per scavare nuovi pozzi di petrolio… il social potrà essere interattivo e raccogliere i soci, gli amici, i parenti e i dipendenti, sarà difficile che un cliente arrivi da quel canale.
      Se, al contrario dell’esempio precedente, faccio turismo, vendo giochi, musica… è più facile che il cerchio d’interesse si allarghi e le informazioni arrivino al potenziale cliente. Questo il social lo fa e lo può fare, ma intendiamoci… non è possibile quantificarlo in LIKE (mi piace) o in FAN (nuovi iscritti alla FAN PAGE). Quell’accrescimento può essere un indicatore di apprezzamento, dai dati che ho pubblicato macroscopicamente, è evidente che la reazione sociale, non è affatto una “conversione” reale ma può essere una azione di “branding” effettivo.

      Ecco le mie conclusioni:

      E’ inutile girare attorno al punto, se di domande dobbiamo porci, sarebbe il caso di chiedersi se quando sto cercando qualche cosa vado in FB o in un motore di ricerca, se cerco un commento, un parere, una esperienza… allora che faccio? Chiedo al motore o interrogo il mio network? Gli obbiettivi e le utilità sono differenti e lo saranno ancora di più quando Google entrerà di forza nel sistema comunicativo e di autorità tra chi scrive e chi condivide. Anche sotto quell’aspetto, le mie ultime analisi, indicano fattori molto interessanti che probabilmente, influenzeranno la visibilità nell’indice generale organico del motore di ricerca più utilizzato del mondo.

      Le evoluzioni sembrano essere abbastanza palesi, non lo raccontano ai giovani altrimenti non venderebbero nemmeno un corso a “futuri” social media marketers, ma è un fatto abbastanza palese notare che negli indici analitici delle serps di Google, la deriva dei risultati è sempre più a favore dei dati Google più che di terzi. Lo stesso vale per Pinterest, per fare un parallelo molto acclamato e “pompato” i primi periodi; fuori da quella piattaforma, interattività e impegno, come li si traduce?

      Poi… attendo sempre che qualcuno fornisca dei dati che smentiscano quanto ho scritto, la particolarità ci sarà, è fuori discussione e nessuno criminalizza i social in quanto tali, vederci a tutti i costi del marketing e del ritorno, vendere cose che non esistono, quello è tutt’altra storia!

      Grazie per aver scritto,
      Alex

      Rispondi
  21. Rocco Ruina
    Rocco Ruina dice:

    Ciao Alessandro,

    ottimo articolo….schietto e anche “leggermente polemico, al punto giusto”. ;)

    Sono due mondi molto differenti, come già sottolineato da Loris, ma credo che diversi settori attraverso una strategia social molto mirata, possano comunque ottenere un qualcosa: “aumentare gli iscritti alla newsletter, distribuire dei buoni sconto o magari lanciare concorsi a premi o sondaggi”.

    In sintesi, per le aziende sono e restano un ottimo strumento per “chiedere, ascoltare e capire i propri utenti”.

    Alla prossima.

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Ciao Rocco!!

      Se anche i SEO arrivano sul mio blog… è facile che l’articolo ha generato un minimo di interesse anche per quanti, da tempo, hanno sostenuto la “marginalità” del fenomeno sociale. Ne sono piacevolmente colpito, forse a dire le verità, si permette agli onesti di emergere!

      Non posso che condividere Rocco, c’è poco da aggiungere. Servono ma non si possono immaginare dei volumi di popolarità tali da considerare, i social network, come dei “salvadanai” dai quali, sottrarre monete al proprio brand. In altre parole… fanno parte di un contesto più ampio dove, tu ha fatto notare, se ci sono strategie mirate, un buon assetto organizzativo, creatività, possono generare interesse attorno a un brand. Lato sito web… attraverso il canale di ricerca, arrivare anche alla conversione. Direttamente… da quelle che sono state le mie osservazioni, capita veramente con poca frequenza rispetto altre realtà NON ITALIANE.

      E’ ovvio che, se un brand è grande… ha più possibilità che un brand piccolo, ha una clientela più ristretta, un passa parola più veloce e corto rispetto ad altri che, basta che pubblicano una notizia, e in centinai incominciano a condividere. Per fare una provocazione abbastanza forte, più che i “mi piace”, dovrebbero contare le “ri-condivisioni” che in Italia, sono sempre state notoriamente molto basse rispetto ai mi piace.

      Possibile farne a meno? No, i social servono ma in un concetto non assolutistico ma al centro di un progetto di più ampio respiro che parte da lontano: il web marketing e non l’improvvisato dell’ultimo secondo SMM.

      Leggermente polemico? Si Rocco, con nessuno in particolare, verso molti nello specifico. Leggere su un sito che promette corsi dei miracoli per chi ci partecipa e per potenziali clienti, mi ha lasciato molto perplesso; molto più logica una azione SEO fatta bene che investire o trasferire siti web a pagine FAN; ho visto fare anche queste cose.

      Grazie!!
      Alex

      Rispondi
  22. Elio
    Elio dice:

    Articolo molto chiaro e lucido … Grazie degli spunti di riflessione e della chiara visione della nostra realta’. Forse un punto a favore dei social e’ dare maggior visibilita’ al brand anche nelle ricerche google – quindi maggiori possibilita’ poi di vendere … ma qui il discorso si da indiretto e difficilmente tracciabile/quantificabile.

    Grazie!
    Elio

    Rispondi
  23. Andrea
    Andrea dice:

    Come spesso avviene quando si fanno queste analisi un po’ troppo volte alla critica si perdono di vista alcuni elementi chiave e si tende a non considerare la questione da un punto di vista più ampio.

    Le considerazioni sotto molti punti di vista sono valide, ma ragionate come se fossimo chiusi nella scatola della Web Analytics ed in particolare quella di Google.

    Non bisogna mai dimenticare che bisognerebbe parlare di Marketing Analytics invece che di Web Analytics e conversioni in questi termini (a maggior ragione se mettiamo nel calderone social etc etc.)

    L’analisi per quanto riporti numeri, grafici e validi assunti dimostra una grossa falla nella fase di analisi…ossia non vengono tenute in considerazioni le conversioni che avvengono direttamente sui Social Network (Google+, Twitter, Facebook o altro che sia) senza passare per il sito web.

    Sono sempre molto scettico nel concludere in modo così assolutistico e ancora di più quando si parla di ROI.

    Da come la vedo io questa analisi è abbastanza superficiale così come le altre che il post stesso accusa di superficialità.

    Capisco anche l’intento del post e in parte posso essere d’accordo, ma di certo è solo una faccia della medaglia.

    Rispondi
    • Alessandro Vitale
      Alessandro Vitale dice:

      Grazie Andrea.

      Si, l’articolo è stato reso “semplice” perché in precedenza sono stato, bonariamente, accusato di avere un linguaggio non comprensibile. Alla fine del tuo commento, condividi quanto fatto e scritto, accetto la critica ma è comunque un punto di vista e anche un possibile punto di riferimento o stimolo a fare meglio di me.

      Aspetto di leggere tuoi articoli in merito, buon fine settimana!

      Rispondi

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