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The Fuffington Post, Web Marketing

Il tuo lavoro in Facebook? Vale il 2%: sei un fancazzista!

Tutti dobbiamo lavorare.

bot web

Da Gilda35: GOD IS A BOT

La seguente, è una libera visione del mondo digitale italiano, tratterò l’argomento in maniera molto distaccata, ironica, in pieno stile di satira, proprio perché, prendendo in giro usi e costumi di addetti ai lavori (così scrivono e dicono ma nessuno li certifica, compreso me), si onorano quanti, nel loro piccolo, sorridendo, pretendendo anche delle risposte che tanti non sanno dare, dicono la realtà delle cose sapendosi confrontare.

Andiamo per gradi.

Il primo step da fare è legato al personal branding, ho scritto già in questo blog e anche in altri canali, stranamente però, se lo scrivo in italiano, pochi capiscono, se lo scrivo in lingua anglofona firmandomi con un cognome di fantasia, ecco che il post comincia a girare e tradotto male in ITALIANO!

Cosa scrivevo nel mio precedente articolo in tema di influencers e blogger nella sezione The Fuffington Post? Sostanzialmente, nulla di particolare, facevo notare che il numero di followers, il numero di fan, il numero di seguaci in Twitter, accerchiati in Google Plus, quanto più gonfiati ed esagerati risultano nei profili di “famosi” (come prima) addetti ai lavori, maggiore era la possibilità che si trattava non tanto di influencers, di blogger, ma di potenziali persone che, sfruttando strategie lecite e non, mostravano un dato di “importanza” (la loro popolarità) proprio per auto referenziare la loro presunta autorevolezza; ma quanto vale?

Provate a porre delle domande semplici a questi “GURU populisti” come:

Da Blogger, puoi guadagnare OGGI con il tuo blog?

Sembra facile, vero? Tanti saprebbero rispondere, vero? Cosa c’è di strano? Provate VOI POTENZIALI CLIENTI a fare la stessa domanda a più blogger, social media manager, esperti di web marketing, di personal branding e visto che ci troviamo, ne approfittiamo ed alziamo il livello della domanda aggiungendo di fornire dei dati.

Perché dovreste essere presenti con il vostro brand, il vostro prodotto in un blog scritto dal famoso blogger, farvi “suggerire” strategie di web marketing, realizzare il vostro sito web o consigliare sul vostro personal branding? RISULTATI che queste nuove figure professionali dovrebbero darvi; più o meno, quello che fate voi ai vostri clienti dando specifiche dei prodotti o chiarendo la tipologia del servizio promosso/offerto.

Allora… cosa chiediamo a un blogger??

I parametri basilari da richiedere, secondo me e a garanzia, sono TRE (3):

  1. Frequenza di rimbalzo
  2. Inbound link/referral
  3. Tempo di permanenza medio
  • Il primo dato è per vedere realmente l’interesse che c’è su singolo post, in caso di una azione roBOT.. il dato sarà da analizzare incrociandolo con altri dati. Immaginiamo una azione di ARTICLE MARKETING di un cliente su di un blog. Quanti sono arrivati su quell’articolo e sono subito usciti? Che media di dati per quel valore/argomento ha il sito?
  • Il secondo serve a verificare “DA DOVE” arrivano le visite. Se è un roBOT, Sharing SPAM in piattaforme come FB e Twitter, Google +, il dato sarà “riscontrabile” anche in percentuale di “abbandono” del singolo post. Magari è proprio una azione di un roBOT che fa bene il suo lavoro… il tempo di permanenza, sarà bassissimo.
  • Terzo dato… quanto si soffermano gli utenti su un singolo post? Se le metriche vengono rispettate, se l’ottimizzazione, la TARGETTIZZAZIONE è corretta, il prodotto è presentato bene, tutti questi valori “principali” sono indicatori OBBIETTIVI della qualità del lavoro del PROFESSIONISTA.

Tutto il resto, lo lascio giudicare a voi.

Come richiedere questi dati?

Fornite la vostra mail, il professionista blogger, consulente ecc… dal suo profilo Analytics di Google, potrà creare una Dashboard personalizzata con i dati sopra indicati e inviarla come PDF o formato foglio di calcolo nella vostra casella email.

La falsificazione del file generato da Google è più difficile, sempre che siano stati rispettate le procedure indicate da Google per il rilevamento dei dati, ma stiamo parlando di persone con serietà e professionalità, chi vuole fare il furbo o non fornisce dati, presto o tardi, sarà costretto a fare i conti con la bandiera del pirata.

Intanto… Coca Cola fa una parodia su i social, Facebook

Attenzione ai post cumulativi di gesta e scritti dei miracoli e dalle facili pozioni magiche, perfino i libri sono diventati strumenti di marketing per amplificare competenze agli occhi di potenziali clienti.

gagliardetto pirataEppure, basterebbe saper essere aperti e fornire dati come fanno tutti, i costruttori di auto, la crema di cioccolato con gli ingredienti, l’acqua in bottiglia; il GURU, l’esperto, il blogger famoso, il noto twitteriano, un popolare FANCAZZISTA, questi valori… non li dà. Sobh!

Questo è un inizio, ma le PMI, privati, aziende e ditte, tutte le realtà che devono fare una selezione di partners esterni per la gestione dell’assetto digitale in rete, devono sapere che non è tutto oro quello che luccica anzi, se luccica troppo, bisognerebbe porsi delle domande e INFORMARSI più approfonditamente su i singoli argomenti.

Il personal branding

Da Gilda35: Il personal branding

Non si tratta di “discriminare” nessuno, come ho scritto all’inizio, tutti dobbiamo lavorare, ma da questa necessità che non si può negare a nessuno, in ambito digitale, non contano più le chiacchiere come l’advertising tradizionale o l’editoria di anni fa, resta la televisione un canale ancora imbattuto dal web, ma c’è sempre da fare una considerazione: il web lo si può MISURARE, tutti gli altri canali, solo dopo una azione di advertising ed investimenti; a che costi? Con che rischi?

Una volta era il web il più economico, poi sono arrivati i furbi anche in questo settore, non c’è bisogno di chiedere agli occhiali Google Glass se un blogger è un fannullone o meno, se quello che sbandiera tutti i giorni a mezzo social è inerente o meno alla sua attività professionale o si tratta solo di accrescere una popolarità che, può sembrare un buon potenziale, ma che si può tramutare anche in azioni di penalità, uno specchietto per allodole per ignari e sprovveduti clienti.

La social propaganda, è ridondante di chi dice d’averlo più lungo, è lo scandalo del digitale contemporaneo italiano, l’effetto di quello che “loro” chiamano: Personal Branding (ma esiste??).

Il gagliardetto della stupidità e della facile e insoluta favella del saper di tutto ma non sostenere mai nulla di concreto in termini tecnici riscontrabili e numerici, genera di fatto che, anche in un social network come Facebook, si incominciano a sentire dei sonori crepitii di inconsistenza.

Come valuteranno il dato di ri-condivisione se non sanno rilevare l’atterraggio su risorse esterne?

Affermazioni numeriche di ri-condivisione, non sono sempre attribuibili ad azioni SPONTANEE, l’analisi ci viene in aiuto e incrociando dati, si riesce a scindere l’acqua dall’olio.

Nascondere quei dati, non fornirli a chi li chiede, a un cliente, cosa dovrebbe portare a pensare? Che sono tutte azioni spontanee?

Cosa devono sapere dei potenziali clienti in merito agli ADV in canali come Facebook?

Il video di seguito, è una chiara dimostrazione di come l’illogico di quello che in Italia viene chiamato lavoro serio, è relegato a un 2% di un ADV a costi che, andrebbero valutati anche per l’impegno che richiede l’accrescimento della “popolarità” (chi leggo ancora..) della pagina, il numero dei FAN, i “mi piace”, ri-condivisioni ecc…

Facebook, come sostiene il video, è un canale sociale ludico, diverso da altri. Molto popolare, ma come spesso ripetuto in questo blog e attraverso i canali sociali (preferisco G+ anche se dicono che esistono gruppi segreti di FB dove parlano male di me… wow, hanno paura che dica la verità!!) non è certamente uno strumento di “WEB MARKETING”. Deve essere presente in una strategia DAO, che sia chiaro, ma è una possibilità in più entro un massimo del… 2% in ADV a pagamento.

Quanto vale l’operato di un Social Media Manager in Facebook con gli ADV? 

Quanto tempo un post ha “vitalità” in Facebook? Provate a cercare un post di sei (6) mesi fa… lo avete fatto? Trovato? Su… che ci vuole?!! Lo strumento spinge a fare in modo che ci sia un continuo impegno per tenere alto l’interesse, ma che ritorno può avere se il post “affonda” già nella mia pagina, profilo? Se un ADV ha un potenziale massimo del 2%, senza… ditelo voi.

Adesso… quanti “addetti” ai lavori, gli esperti di comunicazione, di web marketing, di social media management, gestori di pagine Facebook vi hanno fornito dei progetti di strategie indicando questi valori e casistiche? Nessuno? Chissà come mai.

Lo stesso vale per i blogger che, attraverso canali sociali, tra cui Facebook e Twitter, vantano una grande “REAZIONE” a quello che loro fanno. Ma ragionate un attimo, colpendo la massa di persone, lavorando assiduamente e indiscriminatamente senza “profilare per interessi”, perché io FURBO che ho istruito un BOT non istruisco che quando un social media coso popolare scrive, non gli invio una automazione, calcolo la reazione, inserisco il mio hashtag, il mio link e vivo di rendita sul lavoro altrui?

Ecco che, a differenza della popolarità di singoli, è forse meglio puntare alla popolarità del brand, prodotto, strutturare il progetto e non fare in modo che tutto passi attraverso canali che sono ESTRANEI al core business del cliente. Prodotti vincolati alla persona che lo ha promosso che per popolarità e BOT (volontario e non ), non fa altro che associare un brand alla sua figura. Corretto? Secondo me, non lo è.

Ecco come tanti esperti populisti e popolari, dicono di essere e non si accorgono che sono vittime di se stessi e come dei pesciolini in un acquario, dicono di nuotare nel mare; sono invece, parte di sistemi.

La qualità è mantenere “REALI” le relazioni e l’interscambio, profilare correttamente, significa non STRESSARE nessun NETWORK di persone, lo stesso vale per i contesti di blogging dove, solitamente forniscono i dati di accesso al sito (da capire se sono unici o meno), il numero di iscritti alla newsletter e le domande potrebbero essere molteplici; i dati di accesso potrebbero essere influenzati da BOT, sharing spam in social network, .js (programmi Java script), le mail si possono comprare, diverso è raccoglierle dal sito web, canali tradizionali, una banca dati di clienti reali del brand…

Che cosa succede invece? Si iscrivono persone forzosamente per poi dare la possibilità di cancellarsi; quando funziona. Quante volte vi è arrivata una mailing list e voi non vi eravate mai iscritti?

E allora, mi sembra che stiamo parlando di quello che loro vogliono si parli: DEL NULLA più assoluto.

Affinché il cliente sia consapevole di quello che fa, capire che la popolarità o il post virale non porta necessariamente ad avere delle conversioni, può colpire emotivamente ma il messaggio non è alimentato da interessa ma magari da stupore momentaneo, sono considerazioni e fatti che devono essere attentamente valutati.

Nulla va lasciato al caso come è corretto dire che, social network come Facebook possono avere nicchie di settore molto adatte anche alla sola presenza di un prodotto nel suo interno.

Non è così per tutti.

Democracy BOT, what they think bloggers, web experts, their customers:

 

12 Maggio 2014/0 Commenti/da Alessandro Vitale
Tags: Social Marketing
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